L' arte dell'intreccio è diffusa su tutta l'isola fin dalla preistoria. I cestini , infatti, sono realizzati da sempre con materiali facilmente reperibili sull'isola e con tecniche che si sono affinate nel corso dei secoli al fine di trasmettere un'arte che fosse semplice e funzionale. Nell'ambiente agropastorale della Sardegna le case di pastori, contadini e artigiani risultavano scarne di mobilio ma assai ricche di cestini , polifunzionali e quindi adattabili a diversi contesti. Generalmente i cesti erano (e nelle dimore arredate in stile tradizionale lo sono ancora) appesi a una parete o esposti su ripiani.
Ad oggi, il cresciuto interesse dei turisti per i manufatti sardi ha portato due conseguenze, una positiva e l'altra negativa. Se da una parte la necessità di andare incontro alle predilezioni dei turisti ha fatto sì che i "vecchi" cestini si arricchissero di dettagli più moderni , dall'altra ha causato, in alcuni casi, il venir meno dell'accuratezza nella lavorazione. I cestini sardi moderni sono più colorati: al classico nero si sono sostituiti inserti variopinti in rosso , blu o verde.
Le tipologie di cestini sardi sono sostanzialmente tre: sa corbula , sa canistedda e sa pischedda, questu'ultima solitamente utilizzata per il trasporto dei beni alimentari.
La gioielleria e l'oreficeria sarda tradizionale, vanno di pari passo con l'arte dell'intreccio del cestino e sembra che da questa abbiano preso anticamente ispirazione, per quanto riguarda le tecniche lavorative e le forme delle produzioni finali.
I preziosi bottoni d'oro o d'argento che ornavano ed ornano tutt'ora i costumi tradizionali sardi di diversi paesi, si dicono per esempio "a corbula", così come alcuni girocollo prendon spunt dalla "Canistedda" o "Hanistedda".
Gli orafi sardi contempranei sono soliti tramandare la tradizione; nelle immagini di questo articolo, affianco ai cestini, alcuni esempi di corbule e canistedde realizzate in oro o argento da Antonello Monni.